I caffè più costosi al mondo

‘Il caffè è buono, se non è buono che piacere è?’
Così recitava il suo tormentone pubblicitario anni fa l’indimenticabile Nino Manfredi reclamizzando un noto brand di caffè, ma noi aggiungiamo ‘se non è caro che piacere è?’.
Perché il caffè può costare il classico euro nel bar italiano oppure molto di più viaggiando per il mondo alla ricerca di particolari tazzine per clientele ‘top class’.
Attualmente il caffè più esclusivo proviene dal sud-est asiatico, dal nord thailandese, il Black Ivory, una miscela ottenuta nutrendo gli elefanti di chicchi di caffè non ancora tostati, più o meno una trentina di chilogrammi di bacche per ogni pasto.
L’apparato digerente dell’elefante, è noto, non digerisce del tutto il cibo, anzi, le feci sono piuttosto grossolane, motivo per il quale il pachiderma deve nutrirsi con grosse quantità di vegetali, quindi le feci che espelle contengono i chicchi praticamente intatti e la digestione riguarda in pratica solamente le bacche, l’involucor esterno.
Una parte però dei succhi gastrici dell’animale muta le condizioni organolettiche del caffè il quale, una volta tostato, verrà messo in commercio ad oltre mille dollari il chilo.
L’esempio del Balck Ivory nasce dall’idea di cambiare non i gusti delle clientele esigenti e ricche, ma di concedere un’alternativa ad una pratica poco ortodossa, quella del caffè di zibetto delle palme, un meraviglioso viverride che storicamente, in Indonesia, viene impiegato nella stessa modalità dell’elefante.
Ma le condizioni di vita di questo delizioso animale, produttore di un caffè ‘cioccolatoso’ e dal retrogusto dolciastro, il Kopi Luwak, sono tremende, costretto in gabbie anguste e ad un’alimentazione forzata e bieca.
Il suo prodotto torrefatto comunque rende sugli ottocento dollari al chilo, il caffè più costoso al mondo dopo quello di elefante, ma non è eco-solidale, per cui vi consigliamo di boicottare un prodotto poco etico.
Meglio allora il delicato e profumato Hacienda la Esmeralda panamense, quasi duecentocinquanta dollari al chilo il suo prezzo al consumo, nessun animale sfruttato nella produzione.
Tra Asia, Centro America e Africa, si giocano le sorti delle tazzine dorate: al largo delle coste africane, nell’isola che ospitò Napoleone in esilio, l’Island of Sant’Elena Company è una produzione di nicchia dal retrogusto intenso e profumato, una miscela esclusiva che supera i duecento dollari al chilogrammo, lontano dalle cifre asiatiche di origine zoologica ma, in confronto al caffè di buona torrefazione diffuso comunemente, il quale raggiunge a fatica i dieci-quindici euro, si attesta su cifre rispettabili.
E l’Italia?
Non compare nella top-ten dove al contrario il Centro America detta legge come nel caso dell’El Injerto, campione mondiale di profumi e sapori per gli esperti degustatori di miscele torrefatte nel 2006, oggi venduto ad oltre centocinquanta dollari al chilo.
Oro o caffè?
A voi la scelta, i Buoni del Tesoro non rendono più …

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